giovedì 25 marzo 2010

Riparare il cervello con la terapia musicale neurologica

Finalmente la scienza comincia ad occuparsi della musica... terapia!! Michael Thaut, musicista e professore di neuroscienze alla Colorado State University, e Gerald McIntosh, direttore medico del Center for Biomedical Research in Music propongono questa interessante ricerca.
Fonte Brain factor

Riparare il cervello con la terapia musicale neurologica.E' un “nuovo modello scientifico dimostratosi efficace nel trattamento di disfunzioni cognitive, sensoriali e motorie dovute a malattie del sistema nervoso centrale”. Stiamo parlando della Terapia Musicale Neurologica (TMN), a cui Cerebrum, rivista di aggiornamento neuroscientifico della Dana Foundation, dedica oggi la sua prima pagina.
La ricerca biomedica ha portato nel tempo numerose “evidenze” sull'efficacia di interventi specifici basati sulla musica (vedere in proposito l'intervista diBrainFactor Livio Bressan del 3 Febbraio scorso su “Cervello e musicoterapia”).
Del resto “l'idea che l'educazione artistica migliori le abilità cognitive in realtà non è così ardita, nel contesto di ciò che chiamiamo plasticità attività dipendente, un punto fermo basilare della funzione cerebrale”, come scriveva lo scorso anno su BrainFactor Michael Posner (Posner M, “Come l'educazione artistica migliora attenzione e funzioni cognitive”, BrainFactor 17/09/2009).
L'utilizzo della musica in ambito clinico è cresciuta rapidamente anche grazie al neuroimaging, che ha messo in luce questa spiccata “plasticità” del cervello, consentendo inoltre di individuare i network neuronali che la musica riesce ad attivare.
Neurologi, neuroscienziati, ricercatori e clinici che si occupano di musicoterapia, sono riusciti infine a organizzare queste evidenze in un vero e proprio sistema di tecniche terapeutiche, a cui han dato il nome di “Neurologic Music Therapy” (NMT).
Michael Thaut, musicista e professore di neuroscienze alla Colorado State University, eGerald McIntosh, direttore medico del Center for Biomedical Research in Music della stessa università, hanno condotto ricerche con le quali hanno dimostrato miglioramenti nei disturbi di movimento riscontrati in pazienti reduci da ictus o sofferenti di Parkinson: “ciò è possibile proprio perché la musica e il controllo motorio condividono alcuni circuiti cerebrali”.
Ecco come i due ricercatori americani riassumono su Cerebrum i principi della NMT:
  • è una applicazione terapeutica della musica alle disfunzioni cognitive, sensoriali e motorie causate da malattie del sistema nervoso umano;
  • è basata su modelli neuroscientifici di percezione musicale e influenza della musica su cambiamenti comportamentali e funzionali del cervello di ordine non musicale;
  • le tecniche di trattamento sono basate sui risultati della ricerca scientifica e clinica e sono diretti a obiettivi terapeutici non musicali;
  • le tecniche di trattaemento sono standardizzate per terminologia e applicabilità e rientrano nell'ambito degli interventi musicali terapeutici (TMI), adattabili alle specifiche necessità del paziente;
  • la formazione degli specialisti di questa “pratica” innovativa deve riguardare l'ambito musicale, la neuroanatomia, la fisiologia umana, le patologie del cervello, la terminologia medica, la riabilitazione delle funzioni cognitive, motorie e del linguaggio.
Reference:

giovedì 4 marzo 2010

Il canto modifica il cervello


Il canto modifica il cervello: dagli uccelli all'uomo

di Cristiana Pulcinelli
Imparando a cantare, gli uccelli modificano la struttura del proprio cervello. E’ quanto emerge da uno studio condotto sui fringuelli da alcuni ricercatori della Duke University di Durham (Stati Uniti) pubblicata sull’ultimo numero di Nature.
In particolare i ricercatori hanno studiato alcuni giovani uccelli canori che avevano ascoltato per la prima volta il canto di un uccello adulto. Analizzando con le tecniche di imaging la regione corticale del cervello legata alle abilità canore, si è visto che mentre apprendevano a cantare, avvenivano alcuni cambiamenti strutturali nelle spine dendritiche, le proiezioni delle cellule nervose dove avvengono le connessioni sinaptiche tra le cellule nervose stesse. Nelle prime 24 ore di apprendimento del canto, le spine dendritiche dei giovani fringuelli sono diventate più lunghe e più stabili. “Ci aspettavamo di vedere la costruzione di nuove spine e la perdita di quelle vecchie - ha dichiarato Richard Mooney, neurobiologo e coautore dello studio - invece ascoltare il canto di un adulto ha rapidamente stabilizzato le sinapsi in precedenza dinamiche”. I ricercatori hanno anche osservato un aumento dell’attività sinaptica.
Studi precedenti avevano fatto pensare a una correlazione tra cambiamenti strutturali nel cervello e l’esperienza sensoriale, ma non si sapeva se questi stessi cambiamenti accompagnassero anche l’apprendimento, come invece sembra dimostrare questa nuova ricerca.
Come suggeriscono gli autori della ricerca, questi risultati si potrebbero estendere all’essere umano ed aprire nuove strade alla medicina. La speranza, dicono, è quella di aiutare le persone a riacquistare la funzione del linguaggio dopo un evento traumatico come un ictus o con i nervi uditivi danneggiati.
Del resto, una nuova ricerca, presentata al convegno dell’American Association for the advancement of Science che si sta svolgendo a San Diego, mostra che grazie al canto le persone che hanno subito un ictus possono riacquistare la parola. Le aree del cervello coinvolte nel linguaggio sono infatti altre rispetto a quelle coinvolte nel canto. Se le prime sono state daneggiate, i pazienti possono imparare ad utilizzare al loro posto le aree del canto.


fonte unità.it