sabato 21 marzo 2009

Seminario di Vocal Harmonics in Motion


Di seguito riporto un commento del dott.Tullio Carere, Psichiatra,Psicoterapeuta, riguardante il seminario di Vocal Harmonics in Motion , che si è tenuto presso la scuola Cura di Sè a Bergamo.


Il giorno prima del laboratorio di Lorenzo Pierobon avevamo parlato, nei seminari della nostra Scuola, del sé come fenomeno quantico. Il sé è inteso in diverse tradizioni come una scintilla, un frammento di luce imprigionato in una materia opaca. Da questa prigione il sé cerca di evadere, e in questo consiste il processo di realizzazione, liberazione o illuminazione indicato in diverse tradizioni, in cui il processo è inteso in diversi modi: da quelli più manichei, in cui lo spirito deve semplicemente separarsi dalla materia lasciandola al suo destino, a quelli più tantrici, in cui il corpo è visto come il tempio dell'anima, che cessa di essere una prigione per diventare una splendida dimora nella misura in cui è ripulito da tutti i detriti e i condizionamenti che lo ingombrano ed è reso, grazie a questo svuotamento, capace di respirare il respiro della vita o di farsi veicolo del logos universale. Su questo comune terreno tantrico ci siano subito trovati in sintonia con Lorenzo. La metafora del fenomeno quantico -- forse più che una metafora -- è diventata per me specialmente calzante nella parte finale del laboratorio. Dopo una giornata di esercizi di respirazione, vocalizzazione e movimento, di cui molti di noi si sono giovati per sciogliere o almeno ammorbidire blocchi e corazze, siamo arrivati a mettere in pratica quello che avevamo imparato nel canto armonico corale. Una caratteristica ben nota dei fenomeni quantici è la doppia natura di onda e corpuscolo degli oggetti o eventi subatomici. Anche il sé ha questa caratteristica: di onda in quanto fluisce e trascende la condizione di separatezza tra soggetto e oggetto, tra io e mondo; e di entità individualmente distinta, di unità psicosomatica che vive nella relazione con gli altri corpi-mente. Nel momento del canto armonico corale ho avuto nettamente la sensazione di essere parte di un'onda sonora in cui sono attraversato da un canto che mi libera dall'intenzione egoica che vorrebbe fare di me il soggetto del canto; ma nello stesso tempo ho avuto la chiara percezione di non perdermi o fondermi nel gruppo come un tutto indifferenziato, bensì di essere un'entità distinta che non vuole emergere o essere in qualsiasi modo speciale, ma vuole dare il suo contributo al canto del gruppo armonizzando la propria voce con quella che lo avvolge. Mi sembra che la parola chiave sia l'aggettivo "armonico" che specifica il sostantivo canto. Essere in armonia non vuol dire perdersi o fondersi nel tutto: ma essere un'entità distinta dalle altre che si pone con le altre in una relazione di accordo, e non di contrapposizione. Credo di dire un'ovvietà se aggiungo che una superiore armonia ha bisogno anche di dissonanze. Che senso avrebbe la concordia se non ci fosse la discordia? Tutto è conflitto, osservava Eraclito, ogni cosa nasce dal conflitto. Salvo che creare o evidenziare conflitti è facilissimo. Risolverli in armonia è molto più difficile. Ben venga dunque una pratica che aiuta nel compito tanto arduo quanto indispensabile di aumentare il livello di armonia in noi stessi e nel mondo. Ce n'è un gran bisogno.

Tullio Carere, Psichiatra – Psicoterapeuta – Scuola di Cura di Sé

www.diacounseling.it